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[RECENSIONE] Paura (Manetti Bros.)

Manetti Bros. continuano a sfornare prodotti sempre diversi e dopo L’arrivo di Wang ecco uscire nelle sale il loro ultimo lavoro Paura.

La cosa che però fa piacere è la sensazione che il loro cinema sia arrivato ad un punto di svolta. Gli ultimi due film infatti hanno, chi in un modo chi in un altro, una cattiveria evidente che i loro lavori precedenti lasciavano solo abozzata. Anche se in qualche modo intuibile, l’apocalittico finale di L’arrivo di Wang non è di quelli che si dimenticano, così come è difficile non partecipare emotivamente al martellante e violento interrogatorio a l’alieno sotto sequestro.

Con Paura i Manetti Bros. giocano sul cliché del gatto che insegue i topi intrappolati. Si parla di tre ragazzi Marco (Claudio Di Biagio), Ale (Domenico Diele) e Simone (Lorenzo Pedrotti), uno studente spacciatore, un meccanico e un musicista metal che si intrufolano nella villa di un marchese sapendolo fuori città per il fine settimana. Il tempo di scoprire che tiene sequestrata una ragazza (Francesca Cuttica, la protagonista anche di L’arrivo di Wang) che il marchese (Peppe Servillo) fa ritorno inaspettatamente alla villa.

Paura, girato dai Manetti Bros. in 3D con delle telecamere Panasonic ad alta definizione, punta tutto sulla tensione dei montaggi paralleli e sull’efferatezza degli effetti speciali di makeup curati da sua maestà Sergio Stivaletti. Anche qui, come succede spesso nelle storie dove c’è un aguzzino e le sue vittime, a un certo punto è inevitabile che i ruoli si invertano trasformando la storia in un rape e revenge.

Ma non è il solo cambiamento del film: i colpi di scena si susseguono nella parte finale uno dopo l’altro fino a preparare (e dunque acnhe qui a farci intuire) quello definitivo. Una cosa è comunque certa: ai Manetti non piacciono i finali positivi e chiusi. Sia quello di L’arrivo di Wang che questo di Paura sono finali cupi e aperti verso possibili proseguimenti non certo rose e fiori. Rispetto al loro precedente lavoro poi c’è una maggiore cura nello sviluppo della parte centrale della storia, resta evidente però l’incongruenza in certe situazioni che avrebbero voluto un po’ più di realismo.

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