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[EXTRA] I Quarant’anni di Reazione a Catena a.k.a. Ecologia del Delitto

Se c’è stato un autore che ha gettato le basi per il giallo italiano questi è senza dubbio Mario Bava. Con La ragazza che sapeva troppo e 6 donne per l’assassino si stabiliscono dei criteri che poi saranno sviluppati da Argento in primis, quello che viene considerato (forse a sproposito) in suo inventore. Gli elementi che Bava introduce sono un protagonista testimone di un fatto di sangue al quale sfugge però il particolare rivelatore, un assassino in abito scuro che uccide per follia e non per beccarsi qualche eredità, un’ambientazione cittadina e moderna non più legata dunque ai decadenti castelli del gotico.

Negli anni sessanta Bava per primo capisce che la paura va rinnovata e che a spaventare non sono più i fantasmi che si reincarnano o cose simili ma un pazzo che circola liberamente in città uccidendo persone comuni. Dario Argento sarà colui che più di altri ritornerà su questi elementi innovativi già col suo primo film L’uccello dalle piume di cristallo, da quel film il giallo italiano esplode e non sarà più lo stesso. L’incasso del film crea una immediata gara tra produttori per realizzare qualcosa di simile, magari semplicemente inserendo un nome di animale nel titolo, in tutti questi cloni di Argento si trovano facilmente però gli elementi inventati da Bava.

La risposta di Bava, che è come dire che solo lui può riscrivere i cliché, arriva nelle sale l’8 settembre del 1971 con Reazione a catena vero e proprio ribaltamento per certi versi di quelle stesse basi che ha contribuito a creare.

Innanzitutto gli omicidi non sono commessi da un solo assassino: nel film tutti i protagonisti sono carnefici e vittime allo stesso tempo proprio per effetto di una reazione a catena che fa accrescere sempre di più la violenza e li fa diventare ora ricattatori ora ricattati. Omicidi tutti eccessivamente complicati e violenti e per questo in fondo divertenti. Eccessi che gli americani hanno riproposto meno di dieci anni dopo con Venerdì 13, che con il film condivide pure l’ambientazione con la baita vicino al lago.

Parte del merito si deve senza dubbio al soggetto di Dardano Sacchetti intitolato Così imparano a fare i cattivi e ai raccapriccianti effetti speciali curati da Carlo Rambaldi. Quello che resta del vecchio Bava è il solito Bava, è il tipico inganno nello sguardo che fa sembrare le cose altre cose, che non ci fa fidare più delle apparenze, sono le sue carrellate i suoi zoom impazziti. Esattamente quaranta anni fa con Reazione a catena (conosciuto anche come Ecologia del delittoMario Bava ribadisce ancora una volta di far parte dei grandi del nostro cinema e non solo.

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