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[SPECIALE] Paura Nella Città dei Morti Viventi. “Il fritto misto alla ricerca della sequenza cult” di Dardano Sacchetti

Paura mi fa paura, dico davvero: la parola “paura” mi fa paura. Per me è un bellissimo titolo. Così disse Fulci Lucio, regista musicarello/comicarolo prestato per caso all’horror.
Tutto era cominciato poche settimane dopo l’uscita di Zombi 2. Il film, inaspettatamente, era stato un grande successo. I tre produttori italiani si erano messi in tasca 600 milioni di lire cadauno. Uno, li perse subito producendo “Baraonda”. Il promotore del progetto si comprò un tir di ottimo cachemire, il terzo, più prosaico, mollò la golf e si fece una strana Porsche, la 914, che fu subito tolta di produzione. Ma il successo economico per i produttori (dovuto a proficue vendite all’estero) non fu nulla rispetto al successo internazionale, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti.
Né Fulci, né io godemmo di questo successo. Fulci prese sei milioni per la regia, io ne presi quattro per la sceneggiatura. Ma Lucio era ottimista. Venendo dal cinema comico, dove chi azzeccava una commedia veniva proiettato nell’empireo, era ottimista. Ripeteva che il telefono si sarebbe surriscaldato per le chiamate. Dovevamo solo aspettare quella giusta.

Ma non arrivò alcuna chiamata. Contrariamente alle “regole” neanche i produttori di Zombi 2 si fecero vivi, nonostante i guadagni. Si dedicarono ad altre avventure. Passarono più di sei mesi. Io avevo altro da fare, Fulci non ci credeva, così alla fine prese contatto con uno dei tre produttori di Medusa. Quello non sapeva cosa fosse l’horror e non gliene fregava niente, ma per amicizia incoraggiò Fulci a pensare un progetto. Ora Lucio, che si era sempre occupato di altro e aveva in “orrore l’horror”, cercò di capirne qualcosa e passò mesi a leggere soprattutto Poe e Lovecraft, cercando di carpirne i segreti senza rendersi conto che quelli erano maestri sì, ma i tempi erano diversi dai loro temi e dalle loro atmosfere. Oltretutto Fulci non voleva e non poteva abbandonare gli zombi perché, da vecchio dragatore di cinema, aveva capito che gli zombi gli avrebbero permesso un paio di scenacce d’effetto di quelle molto amate all’estero, Giappone in testa. In quegli anni bastava a volte azzeccare un paio di scene forti per vendere un film.
Fulci, così, fece di tutto per coinvolgermi nella stesura di un soggetto che aveva una unica caratteristica: era un fritto misto di varie cose con l’unico scopo di trovare la sequenza indimenticabile. Il soggetto fu scritto, fu trovata con grande difficoltà una copertura ma alla fine il film fu fatto. Non ebbe lo stesso successo di Zombi 2, fu un po’ un passo falso ma propeduetico all’Aldilà, il film che lo proiettò definitivamente nell’horror.
Il resto è leggenda.

Dardano Sacchetti

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