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Calibro 9 - locandina

[38 Torino Film Festival] Calibro 9 (Toni D’Angelo), la recensione

È stato presentato in anteprima al Torino Film Festival il film Calibro 9 di Toni D’Angelo.

Il figlio del defunto Ugo Piazza è avvocato molto fighetto, glamour, che però ha il suo studio, o un suo studio, in un luogo abbandonato. Fernando (Marco Bocci), questo il suo nome-omaggio, da subito ci fa capire che lui è solo apparenza e che l’abito non fa il monaco. Lì, in questo posto cadente, insieme ad una hacker (Jessica Cressy) fa magheggi finanziari per nulla leciti. Finché la pirata non sparisce dopo aver fregato 100 milioni di euro alle persone meno raccomandabili del pianeta. E per lui iniziano i guai.

Nel frattempo esce di galera Rocco Musco, l’amico di Ugo Piazza, interpretato questa volta da Michele Placido. Chi gli darà una mano per tirarsi fuori dai guai è Maia (Kseniya Rappoport): un’avvocata, sua ex, imparentata con una influente famiglia della mala incazzata per la sparizione dei soldoni. In mezzo a tutto questo un poliziotto (Alessio Boni) che cerca di fare in modo che tutte queste organizzazioni criminali si ammazzino tra di loro.

A Calibro 9 di Toni D’Angelo gli va riconosciuto il coraggio di essersi misurato con un cult intoccabile come Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo.

D’Angelo purtroppo toppa completamente quando si allontana dal cuore criminale per raccontare con enfasi il risbocciato amore tra Fernando e Maia, i loro numerosi momenti insieme.

Toni D’Angelo è bravo in certi momenti serrati ed action, come ad esempio nell’inseguimento iniziale sui tetti, in qualche sequenza di violenza. Altre volte gli prende la smania di volersi rifare ad un cinema e ad una estetica che in questo contesto c’entrano poco, ed è anche lì che sbaglia: troppa Hollywood, Hong Kong e serialità tv come punti di riferimento. Forse era meglio approfondire di più il mondo della criminalità o le somiglianze tra Fernando e il mai conosciuto papà Ugo. Ed eliminare l’inutile ritorno del personaggio di Nelly, ancora interpretata da Barbara Bouchet.

In conclusione Calibro 9 pare una occasione sprecata che manca di carattere e personalità, preferendo la sicura strada del già visto e piaciuto.

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