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[RECENSIONE] Bestia di Hugo Covarrubias (cortometraggio)

Non sorprende affatto scovare, tra i nomi dei titoli di coda del cortometraggio cileno Bestia di Hugo Covarrubias, quello del connazionale Cristóbal León. E non solo per il fatto che entrambi sono animatori stop-motion. Quello che li unisce qui è più che altro la necessità di affrontare la dolorosa recente Storia della loro nazione.

Bestia (che il regista ha scritto con Martín Erazo) vede protagonista una donna sola che vive con il suo cane e lavora per la polizia segreta cilena (DINA) durante la dittatura di Pinochet. Con il suo viso quasi sempre fisso sulla stessa espressione (tutti i volti dei personaggi sono realizzati in ceramica) passa le giornate tra casa e lavoro contribuendo con il suo operato alla cancellazione di vite e principi civili e democratici. Ed in questo senso è davvero efficace l’immagine della pallottola che non solo uccide ma cancella con il suo passaggio tutte le tracce della persona eliminata.

Ed il luogo di lavoro della donna altro non è che la Venda Sexy, una abitazione di Santiago trasformata dal regime di Pinochet in un centro di detenzione e tortura. L’immagine esterna più volte riproposta non lascia dubbi.

La donna fa brutti sogni e inoltre vede una persona senza volto/occhi spiarla. Elementi che rappresentano le sue paure, un certo suo inappagamento e frustrazione. Ma anche la sua coscienza, le paranoie, i sensi di colpa che pressano, i fantasmi delle persone fatte sparire. Roba sua ma anche della nazione che ancora oggi elabora.

Bestia è il terzo cortometraggio di Hugo Covarrubias, visto on-line al Sundance Film Festival.

Il personaggio della donna è ispirato a Íngrid Felicitas Olderöck Benhard, agente della DINA di origini tedesche e dalle simpatie naziste soprannominata “La mujer de los perros“.


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