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[RECENSIONE] Lynch/Oz (Alexandre O. Philippe)

Che connessioni ci sono tra Il Mago di Oz di Victor Fleming e la filmografia di David Lynch? “Molte!”, risponderanno i lettori più preparati. La domanda la rivolge il regista Alexandre O. Philippe a sette colleghi nel documentario Lynch/Oz.

E le analogie sono tante: dal concetto che non bisogna fidarsi delle apparenze, al protagonista che entra di colpo in un mondo completamente diverso facendolo sentire un pesce fuor d’acqua. Un viaggio che è un sogno (con contorni da incubo) e che ci mette il dubbio su quale dei due sia davvero reale.

Due mondi attraversabili (da un sipario rosso, da un’esperienza onirica) smascherabili attraverso l’artificio del playback, del trucco (teatrale). Uno smascheramento che riguarda gli Stati Uniti d’America, il falso mito del sogno americano, il lato oscuro degli States che Lynch stesso scopre quando vede Filadelfia. E che riguarda anche Judy Garland e la sua doppia vita fuori e dentro lo schermo cinematografico e di riflesso i personaggi duplicati nei film di Lynch.

E poi c’è il filo rosso, il tema evidenziato da molti del ritorno a casa. Un desiderio quanto mai difficile da ottenere per i personaggi di Lynch. I viaggi dei suoi eroi sono infatti quanto mai pieni di ostacoli di vario genere. Ritorno che ha a che vedere con una certa quotidianità che Lynch ama tanto.

E mentre Justin Benson e Aaron Moorhead evidenziano le analogie de Il Mago di Oz di Fleming con altri titoli come Il Grande Lebowski, Suspiria e Apocalypse Now, secondo Karyn Kusama (The Invitation) è per David Lynch una fonte di ispirazione per pensare fuori dagli schemi.

Consigliatissimo a chi ama perdersi nel cinema di Lynch. Magari troverà risposte, o forse si farà ancora più domande di prima grazie ai numerosi spunti interpretativi.

Il documentario si dimostra anche un efficace strumento per comprendere meglio (non solo il complicato mondo di David Lynch ma anche) la assurda e violenta società statunitense.

Lynch/Oz è distribuito nelle sale da Wanted Cinema.


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