klub99.it

[SPECIALE] Paura Nella Città dei Morti Viventi. Introduzione

Quando penso ai migliori film horror di Lucio Fulci per prima cosa mi viene naturale di associarli all’onirismo. Paura nella città dei morti viventi (1980) rientra nel suo periodo d’oro: siamo in un incubo perpetuo che disattiva la possibilità di fare un sogno lucido.

La cosa riguarda sia noi spettatori, che subiamo passivi la storia, ma soprattutto i personaggi che la storia la vivono ma in balia di forze oscure che decidono per loro e tutto fanno accadere, anche uccidere alla fine il protagonista. Perché in questi film niente è come sembra. I colpi di scena sono esagerati, eccessivi, fuori misura ma non fuori luogo. Non è neanche giusto definirli colpi di scena, ma ci siamo capiti. Parlo, per rimanere su Paura, della famosissima scena in cui Daniela Doria vede il fantasma del prete impiccato: per prima cosa inizia a lacrimare sangue come una santa e subito dopo vomita tutto il vomitabile, anche l’anima. Arriva così di colpo all’improvviso quando fino a un attimo prima pomiciava con Michele Soavi. Come in un brutto e ingannevole sogno impossibile da controllare. L’onirismo anarchico dei film horror di Fulci spostano l’asse dell’accettazione dell’incredibile perché non seguono le regole di un normale film dell’orrore. Essendo film onirici, la narrazione procede seguendo i percorsi di una (apparente) non logica che aggredendo lo spettatore lo porta ad uno smarrimento totale, cosa che lo fa immedesimare più che mai con i personaggi del film.

I film di Lucio Fulci del periodo Fulvia non erano per niente gentili con gli spettatori. Non davano loro neanche il tempo di accomodarsi sulle poltrone che partivano subito in quarta con un bel pugno nello stomaco. Senza troppi complimenti lo scaraventavano in un violentissimo incubo senza vie di fuga. Potremmo forse dire, a rischio di apparire indelicati, che rispecchiavano il carattere rude, schietto e diretto del loro regista, la sua vera natura.
Fulci con gli horror vive il suo periodo artistico migliore e, fortunatamente per i suoi produttori, più che per lui, imbocca anche la strada del successo commerciale. Sono i suoi lavori più famosi e riusciti nonché quelli, appunto, più personali. Nel mucchio vogliamo far rientrare anche il coevo Luca il contrabbandiere, che non è un horror ma che ha delle evidenti influenze legate a quel periodo per quei momenti di una violenza incredibile di cui il film è ricco.

Paura nella città dei morti viventi, L’aldilà, Quella villa accanto al cimitero (la cosiddetta trilogia gotica) sono film che a differenza di tanti altri di quel periodo, ma anche di altri più recenti, non sono per niente invecchiati e fanno ancora benissimo il loro sporco lavoro di inquietare. Perché sta qui in fin dei conti la grandezza di questi titoli. Non si accontentano di spaventare, del salto dalla sedia. I film di Fulci volevano disturbare, mettere a disagio lo spettatore in un modo molto più profondo di un normale horror. Non ci sono solamente scene di una violenza mai vista prima, c’è la costruzione studiata sin nei minimi dettagli di un non ritorno, l’entrata in un vicolo cieco dove regna il nichilismo più nero.

Paura nella città dei morti viventi è un film fondamentale anche perché costituisce una sorta di prova generale di quelli che poi saranno i risultati degli altri due film del trittico onirico-gotico.

Quest’anno poi spegne 35 candeline e non potevamo che festeggiarlo a partire dalla notte di ognisanti, visto che è in quella notte che la pellicola si conclude.
Per omaggiarlo senza altre parole inutili ho interpellato qualcuno che ci ha lavorato e/o che lo ha studiato approfonditamente.

Cominciamo con una intervista ad Antonio Tentori.


Pubblicato

in

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *