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[ARGOMENTI] Esistono storie… che non esistono

Viviamo in un era in cui apparire è oramai decisamente più importante dell’essere… ma solo per i mediocri. E questo perché chi davvero vale, non ha bisogno di dimostrare nulla a nessuno, in quanto il suo operato parla da sé.

Il filosofo canadese Alain Deneault, autore del longseller internazionale La mediocrazia ci pone di fronte a una triste verità: “I mediocri di tutto il mondo si sono uniti. E hanno vinto”. Sempre secondo lui, “L’unico antidoto è il pensiero critico”.

Ma perché, secondo voi, l’apparire è così importante in questa società? Perché è l’emblema di uno status, derivante da molta solitudine. Apparendo come o meglio di altri forse ci sentiamo meno soli, o credendoci migliori ci illudiamo e ci costruiamo una maschera in cui crediamo veramente. Ma alla fine però, la vita presenta sempre il conto mettendoci in condizioni di riflettere e capire come effettivamente andrebbe vissuta.

Viviamo in un era in cui il prezioso motto “Verba volant, Scripta manent” (dal lat. «le parole volano, gli scritti rimangono») ossia l’invito a considerare solo i fatti, e non le “chiacchiere”, si è visto fondere i due concetti in un unico pericoloso gioco chiamato “copia cache di Google”, che permette ad ogni bufala di restare disponibile per chiunque, e probabilmente per sempre.

Siamo nell’era della difendibilità delle chiacchiere “da BAR”, dove un intellettuale come Eco viene giudicato dalla “casalinga di Voghera”; in un era dove anche un analfabeta può scrivere di qualsiasi cosa – e, sia chiaro… va bene se lo fa nel suo spazio personale, ma va meno bene quando lo fa su testate più o meno ufficiali, che oramai arruolano chiunque pur di avere materiale clickbait a titolo gratuito.

Un tempo (citando Stubby Currence) Vidal Sassoon, il celebre parrucchiere delle dive, diceva: Il dizionario è l’unico posto dove “successo” viene prima di “sudore”. Oggi si potrebbe dire che questo accade principalmente sul web.

Io da blogger sento un dovere etico e morale gravare su me e verifico sempre le fonti, anche quando mi arrivano news sui film di Hollywood; figuriamoci se non lo faccio per i film indie dove la parola più abusata è proprio Hollywood, ma senza che il noto distretto di Los Angeles MECCA DEL CINEMA ne sappia qualcosa.

In italia siamo pieni di Star che non conosce nessuno e non brillano in nessun firmamento, siamo pieni di Scream Queen senza passato e senza voce, pieni di divi di Hollywood che però in California non son andati nemmeno in vacanza per farsi una foto con la celebre scritta alle spalle.

Figuriamoci quindi, se io riporto così come è, un comunicato stampa dove chiunque – e spesso in malafede – può annunciare la sua uscita al cinema, o magari “in tutti i cinema”… o le sue future collaborazioni con De Niro e Nolan.

La colpa non è solo dei bufalari convinti, ma dei giornalai/redattori senza coscienza, che non verificano mai le fonti e alimentano la mole di stronzate in giro non firmando nemmeno l’articolo che pubblicano. Provai tempo fa ad una conferenza, a bacchettare dei miei colleghi che mi risposero tutti candidamente: “Noi non abbiamo nessuna responsabilità, ci limitiamo a pubblicare il comunicato così come loro lo scrivono”. Beh, complimenti!

Del fenomeno del declino nel concetto di cinema Indie ne parlai ampiamente in questo articolo…

[ARGOMENTI] Lettera ad Attori, Registi e Autori INDIPENDENTI che… “sognano di essere DIPENDENTI”.

E oggi ribadisco che amare il cinema non significa sostenere ciecamente i propri amici e parenti (specie se dilettanti allo sbaraglio), perché non c’è nulla di più costruttivo di una critica quando è fatta con serietà.

Il ruolo del critico nel cinema e teatro aveva una valenza che nel corso degli anni ha cambiato forma ed intenti: mentre in passato i quotidiani erano soliti pubblicare le recensioni di tutti i film il giorno dopo la loro uscita nelle sale italiane, negli ultimi anni è diventato di uso comune, specialmente in televisione e sulle riviste, parlare di cinema senza fare critica, concentrandosi sull’aspetto del “gossip” piuttosto che su quello squisitamente cinematografico. Si scrive e si parla di cinema molto più che in passato, e si parla e si scrive di un film molto prima che in passato, ma a farlo non sono più i critici: diventano anche sempre più numerosi e regolari gli interventi di persone che solitamente non si occupano di cinema, gli opinionisti provenienti da altri settori.

Recentemente son stata testimone diretta di alcune fastidiose “performances mediatiche” e allora mi son chiesta:

  • A cosa e a chi serve davvero avere/condividere fieramente lodi che appaiono su blog che – ad esempio – contano 5 visite al mese?
  • A cosa e a chi serve vantare collaborazioni “americane” (sinonimo di IMPORTANTI, come se i registi francesi o asiatici non contassero un cavolo, così tanto per dire) di cui a seguito di una banale ricerca online, non vi è traccia alcuna?
  • A cosa e a chi serve il vantarsi di premi che non contano nulla, in quanto non son di Festival riconosciuti o istituzionali, o di Festival “decaduti” dove la giuria è oramai composta da due persone anonime (e quindi mancano anche del minimo numerico necessario per una votazione correttamente democratica)?
  • A cosa serve dire (o peggio, FAR DIRE) “grande successo” in un comunicato stampa, quando poi le foto della sala a cui la proiezione di successo fa riferimento – ingenuamente pubblicate sui social e poi rimosse – son palesemente vuote?

Ricordo (e cito solo a titolo esplicativo) il caos mediatico che si scatenò anni fa attorno all’anteprima inglese di TULPA di Federico Zampaglione, quando il suo ufficio stampa fece uscire in Italia le recensioni inglesi tradotte in italiano ma cambiandone totalmente il senso… e laddove i critici presenti all’anteprima al prestigioso FRIGHT FEST londinese scrivevano “BRUTTO”, in Italia si traduceva (e pubblicava grazie agli innocenti redattori) con “BELLO, BELLISSIMO, CAPOLAVORO”. Laddove la critica scriveva “Risate in sala per situazioni di comicità involontaria” in Italia la traduzione diventava “Applausi a scena aperta, standing ovation”. Il FRIGHT FEST però è un festival molto seguito e la recensioni non apparirono su BLOG di terza categoria ma su testate nazionali per cui molti fans che l’inglese per fortuna lo masticano, cominciarono a notare una certa discrepanza fra gli articoli originali e le traduzioni bufalare italiote, scatenando una bagarre online che si spense dopo molte settimane. La figura non fu certo bella.

Potete trovare un resoconto dettagliato – e con tutti i link – qui:

http://www.filmhorror.com/news/469/tulpa-divide-la-rete-e-polemica

Per me, a distanza di tempo è anche curioso il dover notare come alcuni dei siti – che successivamente scrissero anche di aver ricevuto contatti da parte della produzione del film per far rimuovere gli articoli – siano oggi irraggiungibili!

Ricapitolando: apparendo come – o meglio – di altri, forse certe persone si sentono meno sole; oppure credendosi migliori, si illudono e si costruiscono una maschera in cui poi, finiscono col credere veramente. Ma alla fine però, la vita presenta sempre il conto mettendoli in condizioni di riflettere e (spero) capire come effettivamente essa andrebbe vissuta.

Il tanto amato e criticato Maccio Capatonda, con i suoi fake trailer ci aveva visto lungo… ed in fondo il succo è tutto in quel suo mitico: “ESISTONO STORIE CHE NON ESISTONO”.


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