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[EXTRA] L’America dietro la maschera: il cinema di Tobe Hooper

Gli Stati Uniti d’America, ma più in generale il mondo occidentale intero, tra gli anni ’60 e ’70 viveva un profondo periodo di crisi. Da noi in Italia la fine del boom economico, il terrorismo rosso e nero, oltreoceano la contestata guerra in Vietnam, il Watergate, la scoperta dell’esistenza di killer seriali nati e cresciuti in quei territori.

La definizione che dà la Treccani online della “crisi” può esserci di grande aiuto per il discorso che vogliamo fare qui ed è questa: “Fase decisiva di una malattia“.

Toccava reagire a tutto questo: analizzare quello che stava accadendo, elaborarlo. “Distinguere, giudicare” (è sempre la Treccani sulla “crisi”).

Il cinema di genere affronta i temi legati a questo stravolgimento socio-culturale inventando alcune figure che, in fin dei conti, sono riletture dell’archetipo dell’ombra. E se è vero, ed è vero, che ogni archetipo è ed ha una maschera il cinema di genere horror in quegli anni, senza troppi giri di parole o menate intellettuali, fa indossare concretamente una maschera ai vari mostri che va creando.

Una foto sulla lavorazione di Non Aprite quella Porta di Tobe Hooper.

Faccia di Pelle di Tobe Hooper e Michael Myers di John Carpenter sono gli esempi più famosi di quel periodo. Negli anni ’80 arriverà anche la saga di Venerdì 13, anche se si dovrà attendere fino al terzo capitolo del 1982 per vedere Jason con la sua caratteristica maschera da hockey. Tempi però già diversi e in qualche modo più spensierati.

Con Non Aprite Quella Porta il regista e sceneggiatore Tobe Hooper racconta la confusione che c’era in America inventando una storia (vagamente ispirata al serial killer Ed Gein) in cui il caos regna sovrano.

Non ci sono più certezze, ad un torto subito (la violazione di domicilio, in buona fede e di fatto pacifica, che i ragazzi protagonisti compiono entrando in casa di Faccia di Pelle) si risponde a muso duro moltiplicando per mille la vendetta. Non esiste una legge, un poliziotto che intervenga per mettere fine agli orrori, qualcuno che denunci la scomparsa dei poveri ragazzi. Se finisci nel posto sbagliato, se ti ritrovi nei guai, devi cavartela da solo.

Oggi queste cose le diamo per scontate quando guardiamo un film dell’orrore. Ai tempi di Non Aprite Quella Porta era una dura e amara novità, nella vita vera così come in quella rielaborata dai film horror.

In altre parole Non Aprite Quella Porta rappresenta un rimaneggiamento artistico della fine del sogno americano, la presa di coscienza che il Male non viene da fuori, come invece si pensava prima negli anni della Guerra Fredda quando il nemico era il comunista sovietico rappresentato nella fantascienza dall’invasore spaziale.

La lavorazione di Non Aprite Quella Porta di Tobe Hooper.

Tobe Hooper gira il film con pochi soldi, costi quel che costi verrebbe da dire, come se fosse una necessità assoluta, come se facendo il film si esorcizzasse quello spaventoso stravolgimento del sistema culturale americano emerso in quegli anni.

Sempre la Treccani online sulla “crisi”: “Uno stato più o meno permanente di disorganicità, di mancanza di uniformità e corrispondenza tra valori e modi di vita“.

Faccia di Pelle e la sua famiglia di cannibali disadattati oltre a dichiarare guerra a Sally, suo fratello Franklin e ai loro amici, litigano tra di loro, si azzuffano, per decidere chi comanda e chi no. Sono senza una vera e propria guida, senza regole. Chi più chi meno sono come bambini che vivono nel caos contribuendo al suo dilagarsi. Sono i rappresentanti dell’entropia culturale occidentale.

Dopo Non Aprite Quella Porta Tobe Hooper continuerà a raccontare di mostri americani con Quel Motel Vicino alla Palude e Il Tunnel dell’orrore e tornerà sulla famiglia cannibale con un seguito barocco e ultra splatter grazie agli effetti speciali di un Tom Savini nei suoi anni migliori.

Il regista Tobe Hooper.

Hooper sarà ricordato dalla massa però per un altro film decisamente più leggero e ottimista: quel Poltergeist scritto e prodotto da Steven Spielberg che è stato tra i campioni d’incasso della stagione ’82. Un lavoro con numerose scene passate alla storia come quelle con l’albero e il pupazzo che prendono vita. Ma ce n’è anche un’altra particolarmente riuscita ed è quella nella piscina con JoBeth Williams e i cadaveri e gli scheletri che emergono dalle viscide acque. Tre anni dopo il nostro Dario Argento girerà una scena molto simile nel suo Phenomena con la giovane Jennifer Connelly protagonista: anche lì una specie di piscina con la stessa melma e gli stessi cadaveri in decomposizione.

Tobe Hooper in una foto scattata durante la lavorazione del suo film Non Aprite Quella Porta.

A voler trovare un filo conduttore su quanto detto per Non Aprite Quella Porta, anche in Poltergeist c’è un’accusa nei confronti dell’uomo americano responsabile nel film di aver costruito un complesso edilizio sopra un vecchio cimitero indiano. Per non parlare della televisione come mezzo per la diffusione del male, argomento in quegli anni molto sentito anche in altri film come Videodrome del canadese David Cronenberg, in Halloween 3 di Tommy Lee Wallace e anche nel nostro Dèmoni 2 di Lamberto Bava.

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Tra gli anni ’60 e i ’70 è l’indipendente cinema del terrore a disegnare la società degli Stati Uniti per quella che è molto meglio di parecchio cinema impegnato. Basse produzioni che oltre tutto incassano anche tanti e tanti soldi.

Hollywood se ne accorge: rosica e corre ai ripari chiamando a sé quei giovani e arrabbiati registi, oppure mettendo su produzioni simili con budget sostanziosi ma senza quella genuina cattiveria nichilista che aveva caratterizzato opere come Non Aprite Quella Porta.

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