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The Dark and the wicked - locandina

[38 Torino Film Festival] The Dark and the wicked (Bryan Bertino), la recensione

Finalmente un altro horror americano cupo, disperato, deprimente, spaventoso e che va oltre le facili regole mainstream. The Dark and the wicked dietro alla sua storia puramente horror parla anche d’altro: un dramma famigliare di abbandono, anaffettività e solitudine.

Si racconta di due fratelli che tornano nella casa rurale in Texas dei genitori quando al padre resta poco da vivere. Ad accudirlo c’è la loro madre, donna psicologicamente distrutta dai comportamenti e i discorsi senza senso. Privi di logica se consideriamo anche il fatto che la mamma è sempre stata atea. E invece adesso canta filastrocche su Gesù e farfuglia insistentemente sul diavolo, di qualcosa che aspetta nell’oscurità per rubare l’anima del marito.

The Dark and the wicked, che Bryan Bertino (The Strangers, The Monster) ha scritto e diretto, si muove all’interno del genere fregandosene beatamente delle convenzioni. Qui tutto scivola sempre più in una spaventosa allucinazione, in una macchinazione diabolica che fa accadere le cose più impensabili e imprevedibili. E spaventa senza ricorrere ogni cinque minuti ai soliti -telefonatissimi e maledetti- jumpscare. L’inquietudine qui è costruita proprio grazie agli avvenimenti, spaventosi ma anche assurdi, che si susseguono e che non troveranno una spiegazione, e a quel contesto famigliare fatto di freddezze emotive, sensi di colpa e difficoltà ad eleborare le tragedie.

TDATW termina infatti senza che si scopra nulla su come mamma (Julie Oliver-Touchstone), papà (Michael Zagst) e figli (Marin Ireland, Michael Abbott Jr.) siano finiti in quel cul-de-sac, su come abbia avuto origine la loro maledizione. E restano senza sbocchi e sblocchi anche i freddi rapporti tra di loro, ritratto di una certa America campagnola, tagliata fuori, isolata come i suoi protagonisti.

The Dark and the wicked è passato al 38° Torino Film Festival nella sezione Le Stanze di Rol.

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