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HAUNTED IDENTITY locandina

[RECENSIONE] Haunted Identity (Giuseppe Lo Conti)

Giuseppe Lo Conti lo teniamo d’occhio. Perché nel bilancio tra pregi e difetti del suo film Haunted Identity i primi hanno la meglio. E se leggiamo dalla cartella stampa che è stato girato in diciotto giorni, lo scorso novembre, prende pure un altro punto (extra) a favore. Perché con un po’ più di calma e di tempo sono certo che molte cose sarebbero venute meglio.

Si parte da una buona sceneggiatura, scritta sempre dal regista, che ha la mancanza principale di ricorrere troppo spesso negli spiegoni. La struttura però è buona e si accende nella seconda parte, letteralmente sbroccando quando meno te lo aspetti per raccontare l’uscita di strada della protagonista, il riemergere di un passato rimosso che riguarda lei ma anche gli altri protagonisti.

Si parla di doppie personalità, gemelle omozigote diametralmente opposte, forse inventate, forse esistenti, forse ancora entrambe vive o forse anche no. Resta sempre sul filo dell’ambiguità, insinuando, depistando, disseminando dubbi con un linguaggio cinematografico che contamina i generi.

In Haunted Identity si oscilla tra follia e razionalità, dal thriller si scivola nell’horror e nello slasher.

Giuseppe Lo Conti (già regista dei film Come Un Uomo e Raving) fa un po’ come gli pare ma senza strafare, anzi avendo chiaro quando e come giocare a confondere lo spettatore.

Non tutto funziona, dicevamo. Alcune scene meglio di altre, alcuni attori decisamente più di altri. Ma Lo Conti (anche produttore con la sua Dark Eagle Film) ha passione e talento e il racconto di questo punto di rottura, di questa resa dei conti, lo dimostra.

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