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[RECENSIONE] Mandibules (Quentin Dupieux)

Grazie ad I Wonder Pictures arriva finalmente nelle nostre sale il film Mandibules di quel mezzo matto di Quentin Dupieux di Wrong Cops e Doppia Pelle.

Manu (Grégoire Ludig) e Jean-Gab (David Marsais) sono due amici sfaccendati, un po’ delinquenti, traffichini, ma piuttosto tonti. E già questo basterebbe per amarli e renderli interessanti. Nel bagagliaio di un’auto da loro rubata per una poco chiara commissione trovano una mosca gigante viva. Di fronte alla assurda novità vedono una possibile svolta alle loro vite senza ambizioni. Ma combineranno un sacco di disastri.

Sono due personaggi che ricordano in qualche modo Jeffrey Lebowski: senza troppe pretese sulla vita, abituati e felici di vivere alla giornata. Soprattutto Manu: senza lavoro, senza una casa, senza un soldo ma comunque ottimista ricorda il personaggio creato dai Coen.

Perennemente in fuga, ma con poco stress nonostante tutto, la coppia sulla strada incontra un hippie in roulotte e un gruppo di amici in vacanza, ancora più tonti di loro fatta eccezione per Agnès che parla urlando a causa di un incidente e che da subito sospetta sulla loro falsa onestà (e identità) senza però essere creduta.

Scritto, fotografato, montato e diretto da Quentin Dupieux, Mandibules è ottimo per staccare la testa per una scarsa ora e mezza.

La sua è una leggerezza nonsense, con qualche momento di politicamente scorretto, che piazza però un paio di momenti inaspettati: un paio di inquadrature a un paio di personaggi che restano impresse. Sono quelle riservate proprio al figlio dei fiori che i due picchiano e rapinano (Bruno Lochet) ma soprattutto ad Agnès, interpretata da Adèle Exarchopoulos. Sono due immagini che raccontano i personaggi più di mille parole, gettando su di loro una sorta di affascinante ombra.

Mandibules è un inno all’amicizia, alla leggerezza, ad uno stile di vita senza affanni e senza pretese, filosofie che in questi tempi incerti più che mai servono.

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Una pensierosa Adèle Exarchopoulos nel film Mandibules di Quentin Dupieux.

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