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[EXTRA] I 40 anni di Arancia meccanica di Stanley Kubrick

La storia di Alex, ragazzo di buona famiglia dedito con i suoi amici all’esercizio dell’ultraviolenza, ancora a distanza di quaranta anni suscita perplessità, polemiche, musi storti. Alla base di Arancia meccanica c’è il romanzo di Anthony Burgess scritto nel 1961 e ispirato in parte ad un fatto vissuto dallo scrittore.
«Per me, ritrarre la violenza doveva essere un atto catartico e caritatevole insieme, perché mia moglie è stata vittima di una violenza crudele e inconsulta a Londra nel 1942, all’epoca dei bombardamenti: è stata violentata e picchiata da tre disertori americani. Forse i lettori del mio libro ricorderanno che l’autore dell’opera dal titolo Arancia meccanica è uno scrittore la cui moglie è stata violentata»*.
La celebre trasposizione cinematografica che ne fa Stanley Kubrick dieci anni dopo, nel 1971, resta fedele allo spirito e al testo del romanzo. Alex (A-lex, senza legge, senza parole comuni ma con un linguaggio tutto suo) sceglie liberamente la violenza, le violazioni di domicilio, gli stupri, nonostante gli amerovoli (ma un po’ assenti) genitori preoccupati per la sua condotta, nonostante l’assistente sociale, nonostante la passione per la musica classica in particolare l’amatissimo Ludovico Van. Sceglie tutto questo e finisce in galera. Lì per farla franca e tornare a piede libero decide di sottoporsi ad una cura sperimentale consistente in abbuffate di film violenti sotto l’effetto, si badi bene, di un medicinale che scatena in lui un rigetto verso tutto ciò che vede e sente. Arriverà a pietrificarsi verso ogni provocazione violenta e anche sessuale, ma la cura gli farà odiare anche l’amato Beethoven. E il cinematografo aveva una certa influenza nella sua immaginazione di violento. Leggendo la bibbia o ascoltando Beethoven si immaginava vampiro, centurione romano intento a fustigare Cristo durante la via crucis come in un film americano, gli venivano in mente le immagini catastrofiche di vecchi film della Hammer come La lotta del sesso 6 milioni di anni fa. È stato questo a scatenare le infinite polemiche che accompagnarono il film: alcuni squilibrati si ispirarono al film per qualche loro efferatezza fornendo a comitati e censori l’occasione per sbraitare a vanvera. L’accostamento tra finzione e realtà è stato un vero e proprio pretesto per boicottare il film in mille modi fino al ritiro dalle sale inglesi dove fu proiettato in anteprima il 19 dicembre del 1971.

Sull’argomento risponde così a Michel Ciment:
«Non è affatto dimostrato che la violenza eserciti un effetto diretto sulle azioni degli spettatori adulti. Anzi, tutto sembra provare il contrario. È stato dimostrato che le persone, anche sotto ipnosi o in stato postipnotico, non compiono azioni contrarie alla propria natura».
Insomma, chi è pacifico di natura non andrà mai in giro a stuprare dopo aver visto Irreversible o L’angelo della vendetta. Non è Alex il mostro, è la società, il governo, che prima lo rinchiude e poi se lo ricompra, cosa che fa anche con i suoi ex amici drughi divenuti poliziotti, è la scienza che si allea e si vende al governo per permettere lavaggi del cervello moralmente discutibili. È il concetto stesso di educazione ad essere messa in discussione nel film. Tutti argomenti scottanti, ma si sa che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, che chi si sente chiamato in causa preferisce sempre rispondere cambiando discorso, spostando l’attenzione su un problema fittizio che nasconde quello reale.

*lettera di Anthony Burgess al Los Angeles Times, pubblicata in italia in Anthony Burgess Arancia meccanica, Einaudi, pp 223-224

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