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[RECENSIONE] Hunger Games (Gary Ross)

I volti sorridenti dei concorrenti degli Hunger Games dicono parecchio sul film. Sulle differenze sociali: perché sono soprattutto quelli dei distretti alti (addestrati fin da piccoli alla guerra e alla sopravvivenza) a sorridere, ammiccare in camera, a scherzare con il conduttore che li intervista. Perché sono loro ad avere più possibilità di vincere il gioco che vuole un solo vincitore perché negli Hunger Games ci si ammazza tra concorrenti finché non ne rimane solamente uno. Perché vige la legge del più forte, perché Darwin ed eugenetica vengono presi in forte considerazione.

Quei loro sorrisi, perché ognuno di quei forti concorrenti è sicuro di essere il futuro vincitore, la dice lunga sul potere che la televisione esercita sulle folle, e sul popolo. È con la televisione e con i mass media che i governi, autoritari e non, esercitano e ribadiscono il loro potere. Con una televisione votata alla violenza, che mostra in diretta gli scontri mortali tra i vari giovani gladiatori.

Capital City per ribadire il suo dominio sulle altre città organizza ogni anno questi Hunger Games in cui per ogni distretto circostante vengono estratti a sorte due giovani, un maschio e una femmina, che dovranno sfidare a morte quelli degli altri quartieri finché non ne resterà solamente uno. Questo da settantaquattro anni. Una tradizione oramai consolidata che tutte le popolazioni dei distretti sono costrette a guardare in diretta tv, anche i parenti dei giovani mandati ad uccidere per non morire, anche perché la pellicola lascia intuire che non esistono altri canali tv. Una televisione di regime usata per accrescere il terrore che vede ricadere le colpe dei padri sugli incolpevoli figli.

L’estratta a sorte del quartiere 12 è una bambina, sua sorella maggiore allora si offre volontaria al suo posto. Il ragazzo estratto del suo stesso quartiere è un giovane campagnolo innamorato di lei. E qui, chiaramente, tutto si complica. Potrà l’amore soprassedere all’istinto di sopravvivenza? Riuscirà la coppia a menare le mani nei confronti dei loro colleghi più addestrati?

Il futuro distopico, dittatoriale, che Hunger Games di Gary Ross suggerisce e rappresenta, non può che far venire in mente altre pellicole come L’implacabileBattle Royale, Contenders serie 7, ma anche l’italiano End Game Bronx lotta finale.

Hunger Games è tratto da un romanzo di Suzanne Collins facente parte di una trilogia. Costato 78.000.000 di dollari solo negli USA nel weekend di apertura ne ha incassati 152.000.000 e rotti.  La Lions Gate felice del risultato inizierà la produzione degli altri capitoli a partire dal 2015.
Si parla ancora una volta di survival movie e di un personaggio femminile forte che rompe il culo a tutti pur senza perdere femminilità, umanità, bontà e tutta un’altra serie di parole accentate sulla a. La retorica anche qui è a rischio esondazione ma per fortuna non accade quasi mai.

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