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[SPECIALE] 10 film che hanno segnato lo sviluppo del Giallo in Italia. (1/2)

La ragazza che sapeva troppo è un film del 1963, diretto da Mario Bava; questa fu la sua ultima pellicola realizzata in bianco e nero, ed è generalmente considerato come il capostipite del giallo all’italiana. Il titolo cita esplicitamente L’uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock, e le riprese notturne di Roma verranno riproposte in questo stile in molti film di Dario Argento (a partire da L’uccello dalle piume di cristallo). È forse non un caso che il film di Bava narri la storia di una straniera giunta in Italia per fare la turista che resta invischiata, suo malgrado, in una storia più grande di lei (fatta di delitti e misteri) un po’ come avveniva ai protagonisti di quasi tutti i migliori film di Argento, dal citato L’uccello…, passando per Profondo Rosso e Tenebre che si può considerare quasi la chiusura del filone giallo (e che in comune con questo film di Bava ha anche l’attore John Saxon!).

TRAMA: Nora Davis (una magnifica Valentina Cortese), è una giovane turista americana che si reca a Roma in vacanza. Nella notte, davanti alla Trinità dei Monti, Nora viene scippata da un borseggiatore, e perde i sensi dopo essere caduta. Quando rinviene, seppure intontita, vede una donna uscire da una villa nobiliare, che poi stramazza al suolo in una pozza di sangue, con un coltello piantato sulla schiena.

Il film è considerato in tutto il mondo un cult movie. Morando Morandini nel suo Dizionario dei film loda questo “esercizio di regia anche perché la paura e il fantastico non nascono dal buio, dall’ombra, ma dalla luce in un suggestivo bianconero”, in una magistrale fotografia curata da Bava stesso.

Sette Scialli di Seta Gialla (1972).

Sergio Pastore, regista di questo film, iniziò a lavorare come giornalista collaborando con alcuni quotidiani, prima di entrare come corrispondente a Paese Sera. Passò alla cronaca e poi, trasferitosi a Roma, divenne giornalista del mondo dello spettacolo. Rimasto affascinato dal mondo del cinema, decise di fondare una sua casa di produzione, la Mezzogiorno Nuovo d’Italia con la quale dal 1968 firmò una dozzina di pellicole di genere (molte a basso costo). Morì improvvisamente, a soli 54 anni, per un ictus cerebrale fulminante mentre si trovava al Cinema Fiamma di Roma per la prima di quel film che sarà la sua ultima pellicola, Delitti.

TRAMA: Paola, fotomodella presso un atelier di Copenaghen e fidanzata di Peter, pianista cieco, viene trovata morta prima di una sfilata. La morte sembra essere causata da fatti naturali ma Peter scopre che la fidanzata, poco prima di morire, aveva ricevuto in dono uno scialle. Dopo la morte di Helga, altra indossatrice dell’ atelier, Peter, con l’aiuto dell’amica Margot e del maggiordomo Burton, scopre che ad uccidere le modelle è stato il graffio delle unghie d’un gatto, cosparse di curaro. (FONTE: wikipedia).

Remake non dichiarato di 23 passi dal delitto, con l’aggiunta di contrafforti argentiani – già dal titolo – e baviani (l’ambientazione nel corrotto mondo della moda di Sei donne per l’assassino). La sceneggiatura, grossolana e con non poche incongruenze, si ricorda per la totale antipatia dei personaggi, nessuno escluso… ed un finale per l’epoca estremamente violento che fa il verso a Psycho.

Cosa avete fatto a Solange? è un film italiano del 1972, diretto da Massimo Dallamano e con protagonista un giovanissimo Fabio Testi. Il film è vagamente ispirato al romanzo di Edgar WallaceL’Enigma dello Spillo (The Clue of the New Pin).

TRAMA: L’insegnante Enrico Rosseni ha una relazione segreta con una sua studentessa. Quando alcune ragazze nel college in cui insegna iniziano a venire brutalmente assassinate con coltelli piantati nella vagina, ovviamente i sospetti della polizia si concentrano proprio su di lui.

Assenza di sangue e di effetti raccapriccianti, per sviluppare con carattere un tema già forte di suo: aborti clandestini e traumi adolescenziali. Il film vanta la fotografia di Aristide Massaccesi e la colonna sonora di Ennio Morricone, all’epoca molto attivo e disponibile verso i film di genere. In più di un’occasione (ed in particolar modo nella splendida scena dell’omicidio di Elizabeth) Dallamano utilizza la visuale dell’assassino, una scelta stilistica che poi farà scuola e diventerà più famosa con Dario Argento.

Orgasmo (1969) è il primo incontro tra il regista Umberto Lenzi e l’attrice statunitense Carroll Baker, reduce da Il dolce corpo di Deborah di Romolo Guerrieri. In seguito Lenzi e l’attrice gireranno altri gialli considerati unanimemente dei classici. Quello che – anche secondo il regista – è il migliore film della sua carriera, venne in parte “rovinato” all’epoca da una discutibile decisione della produzione, che mutò il titolo originale (Paranoia, poi riutilizzato per una delle pellicole seguenti di Lenzi) prima in I Perversi e poi nel definitivo Orgasmo (inteso dai produttori come sinonimo di “tensione” ma al tempo stesso giudicato perfetto per attirare il pubblico in sala). Questa scelta si rivelò invece controproducente, in quanto il film venne tolto dalle sale dopo pochi mesi, con l’avvento della Pasqua, proprio per via del titolo pruriginoso, decretando così un incasso complessivo non troppo soddisfacente.

Paranoia sarà il titolo della versione americana, più spinta di quella italiana, nella quale è possibile vedere la Baker completamente nuda in alcune scene.

TRAMA: Una ricca vedova americana (Carroll Baker) si ritrova nella sua villa un giovane, accompagnato dalla sorella. I due cercano di farla impazzire. Dietro c’è un piano ben preciso, per toglierle tutto il suo patrimonio. Una volta riusciti nell’intento, però, i tre scoprono una scomoda verità. (FONTE: Wikipedia).

Lo stereotipo della donna vittima di complotti verrà successivamente interpretato quasi sempre da Edwige Fenech nei gialli di Sergio Martino (Lo strano vizio della signora Wardh, Tutti i colori del buio) come da Mimsy Farmer ne Il profumo della signora in nero di Francesco Barilli.

5 bambole per la luna d’agosto è un film thriller italiano del 1970, diretto da Mario Bava. È liberamente ispirato al romanzo di Agatha ChristieDieci piccoli indiani. Lo sceneggiatore Di Nardo, aggiorna il soggetto secondo i gusti del giallo erotico all’italiana e quindi colloca la vicenda in una villa lussuosa e modernissima posta su un isolotto sperduto di modo che, tra un omicidio e l’altro, lo spettatore si può godere le bellezze femminili correre mezze nude sulla spiaggia. Sembra che Bava non tenesse in grande considerazione questa opera, arrivando persino a considerarlo il suo peggior film. Eppure questa pellicola rivista oggi appare in tutta la sua straordinaria forza, spiazzante e stordente, ipnotica, astratta persino e quasi sperimentale al punto che sembra un test per il successivo Reazione a Catena.

TRAMA: Il ricco industriale George Stark, invita nella sua villa in un’sola sperduta un brillante inventore, Fritz Farrell, assieme ad altri ospiti per convincerlo a vendere il brevetto di una nuova resina sintetica da lui ideata. Naturalmente anche gli ospiti di Stark sono interessati al brevetto di Farrell, e tra di loro i rapporti sono ambigui: lo stesso Farrell nonostante sia sposato con Trudy, è l’amante della moglie di Stark, Jill; Nick Chaney è sposato con l’avvenente Marie, e non ha nulla in contrario se sua moglie va a letto con altri, se questo può permettergli di dare uno slancio alla sua carriera.

Quentin Tarantino, che già altre volte ha reso omaggio a Mario Bava nei suoi film, ne ha riprodotto una scena in Kill Bill vol. 1, quella nella quale il gestore del club spegne le luci, quasi uguale a quella in cui il maggiordomo compie la medesima azione all’inizio del film di Bava.

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