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[RECENSIONE] (2) La Forma dell’acqua (Guillermo del Toro)

La “forma” dell’acqua, ma non la “sostanza”…

Come avrete capito dal titolo, parlo dell’omonimo film di Guillermo del Toro, blasonato e vincitore di ben 4 premi OSCAR (su 13 candidature) ed il Leone d’oro a Venezia! Avrete anche capito che però non son qui a lodare l’opera, che non mi ha convinto sotto tantissimi punti di vista.

Il film è visivamente ineccepibile, perfetto, a volte fastidioso nei suoi compiaciuti, estetizzanti (quanto inutili alla narrazione) movimenti di macchina. Stesso discorso per scenografie – uno degli Oscar (o quel che c’è di vero in mezzo a tanta CGI), fotografia (quel che c’è di vero in mezzo a tanta VISIBILE CGI), effetti speciali (indovina un pò, CGI), costumi (almeno questi…).

Incredibile come 70 anni fa nel film Il Mostro Della Laguna Nera siano riusciti a rendere espressivo e credibile un costume in gomma, mentre qui nonostante il bel costume e la CGI (occhi soprattutto) il risultato della creatura sia sempre insoddisfacente.

È tutto troppo leccato e forzato verso il voler piacere, che rende il risultato poco coinvolgente e artificioso. Ma è anche la ragione per cui il film ha conquistato tutti questi Oscar (che non dimentichiamo sono gli ACADEMY AWARDS ovvero i premi accademici e vengono dati appunto ai film che rientrano negli stereotipi accademici… ecco perchè certi genii non ne han mai vinto uno (da Kubrick ad Altman, passando per De Palma e Welles!).

Incredibile anche pensare che il regista sia lo stesso di Mimic o del Labirinto del Fauno della cui potenza e coraggio qui non c’è traccia.

la trama vede protagonista Elisa Esposito (una specie di Amelie): una donna affetta da mutismo che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio governativo dove avvengono sperimentazioni a scopi militari. I suoi due unici amici sono la collega afroamericana Zelda e l’inquilino gay Giles, coi quali condivide una vita di solitudine ed emarginazione. Siamo nel 1962, in una ambientazione vintage curatissima, ed in piena guerra fredda (che sottotesto!). Un giorno al laboratorio viene portata una creatura anfibia dall’aspetto umanoide: è stata catturata in un villaggio dell’Amazzonia, dove era oggetto di venerazione dagli indigeni locali. Elisa rimane affascinata dalla creatura e la incontra di nascosto, portandole del cibo e insegnandole a comunicare tramite la lingua dei segni.

La fiera degli stereotipi è infinita che non riuscirei a elencarli tutti: la bruttina ma sexy, italiana (immigrata) amica della nera, muta, che si sente diversa e incompresa come la creatura, che gli altri vedono mostro ma è in realtà un dio con sentimenti, il capo della sicurezza perfetto maritino a casa, ma bastardissimo nazista fuori… la critica alla crisi dei cinema (raffigurato sempre vuoto), l’amico gay che in sé ha tutti gli stereotipi di una stagione di RP Drag Race, il barista belloccio e disponibile che si svela razzista e omofobo perché HEY NULLA E’ COME SEMBRA QUI EH… ma purtroppo tutto è come sembra… perché ogni cosa che dovrebbe essere inaspettata, è citofonata, prevedibile, scontata, fuori tempo massimo.

Questo teatrino di figurine si muove in quella che definirei una scatola di cioccolatini dalla confezione meravigliosa, ma son cioccolatini dal sapore tutto uguale e senza sorpresa nonostante gli involucri colorati e accattivanti. Sulla scena del sogno (che tanti han definito poetica) in bianconero dove i due ballano evocando più una scena comica di Frankenstein Jr. che Fellini, ho sinceramente riposto le mie speranze (come se non fosse bastata la scena – sì, sì certo, poesia visiva – in cui con un semplice accappatoio si sigilla la porta di un vecchio cesso sopra il cinema, per trasformarlo in una piscina).

Inizialmente il film fu annunciato in bianconero e come Thriller… i soldi offerti dalla produzione per farlo a colori devono aver portato con sé anche altre condizioni alle quali il regista si è piegato volentieri visto che questa favoletta melensa e romantica non concede brividi.

In mia difesa (e per non sentirmi sola) cito alcune altre fonti che offrono una critica alternativa alle lodi scontate (perché ovvio, ha vinto l’Oscar, quindi è bello!):

La forma dell’acqua: una pozzanghera di sentimentalismo spiccio (Il Primato nazionale)

“I felt nothing for the characters which makes the premise of rooting for the misunderstood a moot point.” (New York observer)

“The Shape of Water has been made with a level of craftsmanship that should be the envy of most filmmakers, but the impudent, unruly streak that so often gives del Toro’s films their pulse has been airbrushed away.” (The Sun)

Ce ne son tante altre negative, così come positive… cercatele da voi, se avete curiosità!

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