klub99.it

[RECENSIONE] Scarecrowd: The Musk (George Nevada)

La Euroobscura mi passa in anteprima (!) questo film indie italo/americano in occasione della prossima release con la label Cult SRS cinema di Ron Bonk, un autore noto ed apprezzato in USA (e non solo), per aver contribuito con la sua etichetta alla ri-scoperta di grandi classici introvabili in edizioni prestigiosissime, ma anche per aver prodotto gioielli come Night of something strange e aver diretto film come She kills.

Inoltre Euroobscura sempre attenta alle novità internazionali, porterà il film al Berlinale, assieme ad altri gustosi titoli (di recente son stati promotori del cattivissimo Idyll che presto recensirò!). Di questo Scarecrowd (originariamente The Musk) si era parlato tantissimo la scorsa estate su blog e siti nazionali ed internazionali, e ora finalmente potremo gustarcelo in tutta la sua dirompente follia!

George Nevada è il figlio di un migrante Italiano, che giovanissimo si barcamenò come potè per sbancare il lunario, facendo anche la comparsa ed il tecnico in vari film horror del periodo d’oro (inclusi i primi film di Bava a quanto pare) decidendo poi di trasferirsi a Boston nei primi anni ’60.

Qui aprì un ristorante che fu la sua fortuna. George Nevada (pseudonimo di George Dimitri) ancora gestisce il ristorante del padre, da poco deceduto, che glielo ha lasciato in eredità assieme a una piccola somma. George decide così di investire l’eredità per vedere finalmente l’Italia e omaggiare il Padre (ed i suoi racconti fantastici) dirigendo un film che sia una summa di tutte le sue più belle memorie.

Nasce così l’idea di Scarecrowd, un film divertentissimo, volutamente sgangherato che rimanda da Blob a Creepshow, dai Venerdì 13 a Il mago di Oz… eppure non è niente di tutto ciò.

Nel cast recitano attori americani ed attori italiani (fra cui Frances Williams, attrice di Z-movies USA tanto cari a Nevada che l’ha voluta fortemente in un cameo, convincendola ad accettare nonostante lei avesse abbandonato le scene) che inizialmente non capiamo se sono bravi o semplicemente pessimi. Recitare ruoli così sopra le righe senza dubbio agevola il mestiere dell’attore, ma è nell’inatteso Twist finale che si rivelano tutti artisti di indubbio talento, che fino a quel momento han usato in una chiave burlesca ed onirica solo per metaforizzare situazioni, e sviare i sentimenti dello spettatore.

Il twist finale è per l’horror un obbligato clichè, ed in questo il film è prevedibile; quello che non mi aspettavo è la chiave stilistica con cui è stato affrontato, perché questa scelta trasforma il film da una farsa ad un dramma, in cui dopo aver riso (o almeno sorriso), ci si commuove. Bravissimo Fabrizio Occhipinti nel ruolo del contadino “mutante”, un bel volto camaleontico che speriamo di vedere più spesso… e magari anche sul grande schermo.

La trama, senza svelare troppo, racconta di un contadino si trasforma in un orrendo mutante dopo essere entrato in contatto con i fluidi scaturiti da un meteorite. Il mostro, celando le sue nuove e orrende fattezze con l’abbigliamento di uno spaventapasseri, sembra colto da impulsi omicidi incontrollabili che lo spingono – apparentemente senza motivo – a a fare mattanza di chiunque incontra sul suo cammino.

Curatissima e coloratissima la fotografia (a cura “dell’italianissimo” Domiziano Cristopharo), belli e buffi gli effetti speciali artigianali, funzionali le maschere così come i costumi (di Luana Iacovissi); ho trovato anche divertenti perfino gli effetti visivi che sfruttano intelligentemente la computer grafica, facendola assomigliare quasi a dei cartoni animati, ricordando così gli interventi/inserti “visivi” tipici dei film anni ’60 e ’80.

Come se non bastasse, ogni tanto dei disegni (tavole dell’italiano Paolo Zandon) fanno capolino al posto delle transizioni fra una scena e l’altra richiamando un po’ i 3 Creepshow (e c’è anche una sorta di Zio Tibia/The Creep… che rimanda molto a Dan O’Bannon, ma non dico nulla di più!) o facendoci forse presagire l’intenzione di farne un fumetto?

Altra menzione speciale va al commento sonoro (fra il vintage ed il minimale) a cura di Antony Coia, che sottolinea il film restando sempre presente, ma in modo MAI invadente. Varie eccellenze italiane insomma, per una produzione piccola e umile partita dagli USA, e che si è affidata a mani esperte per non rischiare di esser fagocitata dall’inesperienza dell’ego.

In una intervista George Nevada ha dichiarato di non aver intenzione di continuare a fare film, e che questa esperienza era una cosa a sé… Io mi auguro, che il suo mondo visionario e la sua passione gli permettano invece di continuare a sognare… e far sognare così anche noi, con lui!
DA VEDERE!


Pubblicato

in

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *