Il film di Adam Ford è da poco terminato, ed io sono ancora scossa. Mai titolo fu più appropriato e, soprattutto… mai così “avvolgente”; si, perché il TORMENTO che vivono i personaggi sullo schermo (solo 3 attori, ognuno col suo personale “tormento”) si espande a macchia d’olio attorno a noi, poi ci penetra e ci toglie il respiro. È un film che non credo mi scrollerò facilmente di dosso e ora capisco le recensioni che lo han definito fra i titoli più estremi mai fatti; allo stesso tempo devo dire che di scene “gore” e sanguinose, qui ce ne sono solo un paio; quindi pochissimo sangue. Eppure…
La trama è semplicissima: un ragazzo – probabilmente un marchettaro dall’aria terribilmente Pasoliniana – approfitta del sonno post-coito del suo “cliente grassone” per curiosare e frugare un po’ nella di lui casa. Trova qualche soldo e qualche dose di eroina che gli fa gola, ma qualcosa lo distoglie dal proseguire coi suoi piccoli furti: dei gemiti e mugolii che vengono da dietro una porta chiusa. In quella stanza, il nostro marchettaro troverà il suo fatale destino. In quella stanza c’è qualcuno che come lui, ma prima di lui, è stato li a fare sesso con quell’uomo grassoccio; a drogarsi in quella casa ammuffita; qualcuno che quella casa ammuffita però non la ha più lasciata… anche a causa delle gambe spezzate, e ora in cancrena. È un attimo: il grassone gli è dietro e lo tramortisce a forza di botte. Non so descrivervi quanta violenza ci può essere anche senza sangue, non so raccontare quanto “qualche percossa” ben assestata – e ben filmata – possa far “male” più di 100 coltellate.
Adesso il nostro marchettaro è li, prigioniero in quella casa assieme all’altro ragazzo moribondo, che però ancora non ha finito di scontare il suo “tormento”. Alla prigionia “fisica” dei due ragazzi, si alterna la prigionia “emotiva” del protagonista psicopatico, nella cui mente ci immergiamo solo in alcune angoscianti sequenze (fortissima a riguardo, la scena nel sotterraneo, dove il “mostro” culla e conserva i cadaveri a cui è più affezionato). Il disagio, repulsione e compassione che ho provato per questo simulacro di Gacy mi ha fatto ricordare che pesanti emozioni simili le provai per il Maniac di Lustig.
Crudo, minimalista e a tratti psichedelico, questo Torment è un magnifico esercizio di stile che scorre velocemente senza ricorrere mai all’uso di una parola, di un dialogo o di una voice over. Importante quindi il ruolo della musica (composta da Mauro Crivelli) che a tratti invadente, a tratti evanescente, accompagna in maniera ossessiva ma perfetta lo sviluppo narrativo, offrendosi come un efficace contrappunto sensoriale. Mi son ritrovata a canticchiare il bellissimo tema dei titoli di testa… spero ne facciano una versione estesa!
La figura del clown qui, non vuole essere lo stereotipo che fa paura: Il trucco è minimale – come il costume – e non presenta connotazioni orrorifiche; piuttosto vuole essere la archetipica “maschera tragica” che nella scena finale, ci ricorda tantissimo la famosa Vesti la giubba (più conosciuta come Ridi, pagliaccio) l’aria dell’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, che viene intonata dal protagonista Canio mentre si prepara per la commedia nel ruolo di Pagliaccio, nonostante abbia appena scoperto il tradimento della moglie. Quest’aria nell’opera rappresenta il concetto di “clown tragico”, colui che sostiene il suo ruolo comico senza mostrare alcun turbamento, ma che interiormente vive un dramma lancinante.
Misurate e realistiche le recitazioni degli esordienti Matteo De Liberato (Gacy) e Rikky Fiore (la vittima) alle quali sono affidate prove davvero difficili… che definirei come dei giochi di equilibrismo dove, almeno sulla carta, era quasi scontato cadere rovinosamente. Gli effetti speciali sono artigianali e convincenti: dai make up iperrealistici delle ferite a quelli più surreali delle visioni oniriche, compresi alcuni giochi “registici” che ci mostrano la macchina da presa macchiata di sangue durante una fellatio “necrofila” con una testa decapitata, e l’interno di un ano (si, proprio così) “violato” dal collo di una grossa bottiglia in vetro.
Mai volgare, mai gratuito, mai insicuro delle sue idee malsane, Torment ha decisamente meritato la vittoria come miglior film del Nightmare Festival in Ohio… ma significativo è che un film così estremo e libero sia stato votato come il migliore di tutti i titoli della competizione (fra cui l’horror comedy House Shark di Ron Bonk e Rock Paper Dead del leggendario Tom Holland!); il vento sta cambiando, e forse è davvero arrivato il momento in cui l’horror smetterà le pretenziose vesti del “politicamente corretto” per tornare ad essere vietato ai minori e a fare paura!
Salve! Io mi chiamo Antonietta Masina e… già, con un nome così, non potevo che amare il cinema.
Son quindi cresciuta fra scherzi, assonanze e rimandi…ad una delle attrici (e muse) più immense; non potevo non conoscere lei (Ovvio, parlo di Giulietta Masina!) ed i film che ha interpretato; grandi film di uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Alle medie, il mio nome venne rielaborato dai compagni di classe in “Antonomasia” e, mentre le altre bambine giocavano con i principi azzurri, io sognavo… sognavo quei cappelli, quei costumi, quei colori… che mi portavano su altri piani di realtà nonostante Fellini stesso affermasse “Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare.”
Ai tempi del liceo poi, si parlava spesso con amici su quale fosse la “Birra per Antonomasia”, “la Canzone per Antonomasia” o “il Film per Antonomasia”… che quasi predestinata, scelsi poi di studiare comunicazione per poter lavorare in questo campo, e far sì che “Antonomasia” in persona potesse rispondere alle loro domande!
Chi scrive è una ragazza, anzi, una “persona” che ama il cinema; Il cinema quello fatto con passione, con serietà, ma non seriosità; il cinema condiviso e discusso con chi lo ama, con chi va al cinema (e andare al cinema è come andare in Chiesa per me, con la differenza che la Chiesa non consente il dibattito, il cinema sì).
Ho una forte predilezione per il cinema fantastico ed horror, il mio fine non è solo quello di condividere i miei pensieri o recensire un film specifico (NON sono un critico, né conosco tutto… anzi, ho molti limiti e carenze che spero di colmare), ma anche discutere sulle motivazioni ed i sottotesti di interi generi.
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