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[RECENSIONE] (2) La Cosa (2011, Matthijs van Heijningen Jr.)

Normalmente non amo sequel, prequel e simili… questo perché nelle origini di un sequel ci sono dietro solo mere ragioni commerciali e la creatività è qualcosa che va a farsi friggere. A parte alcune rarissime eccezioni (vedi Aliens o Evil Dead 2) questi prodotti sono da evitare se non per passare tempo con personaggi e situazioni che ci han allietato e sorpreso positivamente a una prima visione.

Farò forse storcere il naso a qualcuno, ma oggi parlando del prequel del 2011 de La Cosa di John Carpenter vi dirò che a me è piaciuto assai.

Ovviamente è un film che si va a confrontare con un capolavoro e pietra miliare del genere, ed in questo perde sicuramente; costato 38 milioni di dollari, distribuito in tutto il mondo, il film ne ha incassati solo 27 (di cui 17 negli Stati Uniti), risultando quindi un insuccesso commerciale… ma narrativamente e registicamente il film tiene banco: regia asciutta, intelligente e ritmata, l’esordiente (ha infatti una CV ricco di spot commerciali) Matthijs van Heijningen da Carpenter ha evidentemente imparato molto, e introduce dei personaggi assolutamente credibili e assolutamente in parte (specialmente Joel Edgerton che somiglia tremendamente a Kurt Russell, e già visto in Star Wars 2 e 3).

Il film, ambientato tre giorni prima delle vicende del film del 1982, segue le gesta degli scienziati norvegesi e statunitensi che hanno originariamente scoperto l’alieno.

Nel film originale gli strabilianti animatroni di Rob Bottin facevano da padrone. Qui abbiamo una animatrone nella sequenza iniziale e poi tanta, tantissima CGI… che però stranamente non disturba: le mutazioni antropomorfe assecondano ed agevolano la credibilità di creature in computer grafica risultando per una volta non stucchevoli.

Una curiosità emerse a fine film: un filmato rivela che sul set furono usati FX pratici e animatroni, ma la UNIVERSAL ritenne il film troppo “anni ’80” (forse questo revival ottantiano di oggi farebbe mordere le mani agli scellerati produttori) e decisero di integrare con CGI per dare al film un look più moderno.

Buone le musiche di Beltrami, compositore statunitense – allievo di Goldsmith – e candidato all’oscar nel 2008 per Quel treno per Yuma, che non fanno rimpiangere il Morricone del film predecessore. Non tutto è perfetto, io avrei preferito che lasciassero più mistero attorno al tutto, e che non ci si avvicinasse/addentrasse troppo all’astronave incastrata nei ghiacci… il finale diventa così un po’  troppo mainstream e forzatamente spettacolare ma capisco le scelte e forzature produttive.

Difendo però fortemente le scelte registiche e lo stile personale che il regista ha saputo imporre, e la discrezione e intelligenza con cui ha affrontato un film così difficile che sicuramente diventerà un piccolo classico nel tempo.
Quando la snobberia di certi fan club dell’horror e di certa critica potranno finalmente tornare a godersi i film per ciò che sono senza dover scendere per forza in campo a difendere o distruggere la squadra del cuore.

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