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[RECENSIONE] Martyrs (Pascal Laugier)

Martyrs è un film horror del 2008 scritto e diretto da Pascal Laugier che, a seguito dell’enorme successo del film (presentato anche a Cannes (61esima edizione) e vincitore di un Méliès d’argento), girerà 4 anni dopo il fallimentare I bambini di Cold Rock (The Tall Man), che a fronte di un budget di 18 milioni ne ha incassa solo 5.

Questo accade quando si nazionalizza e pompa un fenomeno creato ad arte, più con la leggenda che il talento, e poi non si mantengono le promesse. L’hype attorno a Martyrs è tutta francese (festival risonanti, premi istituzionali in patria) e questo ha creato un mito attorno a una fascia di utenza mediamente giovane che si è fatta trasportare dal facile misticismo intellettuale legato al film.
È evidente che la critica ha voluto sfruttare l’onda aperta dai precedenti Alta tensione, Frontiers – Ai confini dell’inferno e À l’intérieur per tentare di rilanciare, riuscendoci, la cinematografia francese nel panorama horror internazionale.

Costato quasi 3 milioni, non siamo nel panorama indie qui, e allora non si possono fare sconti. Avrete capito che la vostra Masina va controcorrente, e lo fa sapendo di rischiare insulti a iosa… ma questo Martyrs per me… proprio non va.

Il film lo conoscono tutti, quindi inutile girare troppo attorno; la confezione è curata, la fotografia e gli effetti anche, ma ci mancherebbe… non siamo di fronte a un prodotto fatto a risparmio!
Cosa non va dunque? Lo script… lo script che molti sostengono sia profondo, è di una superficialità che fa sospettare esser stato scritto da diverse persone che non si son mai consultate fra loro, al punto da creare personaggi e situazioni talmente incoerenti fra loro da sfiorare il ridicolo involontario… e il tutto con il fine triste di creare sempre un effetto sorpresa sul pubblico, e questo stona molto con gli alti temi intellettuali che si vorrebbero trattare.

Analizziamo lo script passo passo: Lucie e Anna sono amiche da sempre, amiche che condividono anche una grande sofferenza. Lucie è tormentata da una figura mostruosa di donna che sappiamo bene essere solo nella sua mente, ed ha subito un trauma di cui non riesce a parlare.

Adulta, Lucie stermina una graziosa famiglia ritratta nel più stereotipato dei modi, al punto che la scena estrapolata potrebbe essere lo spot dei biscotti del mulino bianco: madre, padre e 2 figlioli felicissimi come non mai di fare colazione tutti assieme.

Irrompe Lucie armata di fucile e li fa fuori tutti brutalmente, poi chiama Anna e le chiede di aiutarla a nascondere i corpi. Anna non si scompone arrivata sul posto, non più di tanto, anche perché Lucie rivela che quella famiglia e quella casa, è dove lei fu torturata da bambina riuscendo a fuggire per miracolo. Anna quindi a maggior ragione aiuta la sua amica a occultare i resti della strage… ma poi scopre che la madre dei 2 ragazzi non è ancora morta… e allora senza motivo decide di salvarla.

Dunque fino a 2 secondi prima era una bastarda che aveva torturato la tua migliore amica da bambina e meritava di morire e tu la stai seppellendo con tutti gli altri in giardino. 2 Minuti dopo merita di essere salvata e per questo arrivi perfino a scontrarti con la tua migliore amica… chi è borderline, lei o lo sceneggiatore?

Lucie così fa i conti di nuovo con la sua donna mostro immaginaria, ma… colpone di scena, il regista ora ci spiega che questa donna mostro è solo nella sua testa e che è Lucie quindi che si autoinfligge i tagli sulle braccia e provoca dolore. Peccato che, appunto, questa non è una sorpresa: si era già capito all’inizio del film, e quindi questo momento filmico allunga il brodo inutilmente.
Lucie insomma, si rende conto solo dopo 15 anni che non si libererà mai di questo incubo e allora si uccide sotto gli occhi di Anna.

Anna è sconvolta… e come ogni persona che si rispetti, invece di andarsene al più presto da una casa dove son state massacrate e sepolte in giardino 4 persone, più una suicida che fa? Coglie l’occasione di scroccare una telefonata alla madre (!!!).
Poi, per puro caso scopre un passaggio segreto e questa è la parte più comica del tutto… passaggio talmente segreto che vi si accede da una credenza. E non è che questa credenza ha un doppio fondo, un pannello scorrevole… nono, la apri e dà su una scalinata… quindi apri la credenza, trovi la scala segretissima che porta al segretissimo laboratorio… il cui accesso è difficile? No, perché le chiavi per aprire la porta son appese subito li fuori. Non credevo ai miei occhi. Ma davvero han approvato uno script simile?
Sì.

E i due teenagers, immagino siano stati cresciuti così bene da questi genitori modello stile Mulino Bianco (che però poi in segreto torturano gente all’insaputa dei figli) che se la madre gli dice NON APRIRE LA CREDENZA, loro in tanti anni di vita in quella casa, non si sognano di farlo…. nemmeno per cercare, che ne so, una merendina o prendere un piatto pulito! Ebbene, Anna entra nel laboratorio e trova una ragazza nuda e incatenata, con una sorta di maschera di ferro INCHIODATA sulla faccia. Anna tenta di aiutare la ragazza, ma questa ultima viene abbattuta a colpi di fucile da una donna, che nel frattempo ha fatto irruzione nella casa insieme a un gruppo di uomini. Anna viene ammanettata a una sedia e si trova davanti un’anziana signora, che spiega ad Anna che il suo obiettivo (il suo e dell’organizzazione che presiede) è torturare persone, in particolare giovani donne, per indurle in stato di estasi (come i martiri di cristiana memoria) e quindi scoprire cosa c’è dopo la morte riconoscendo attraverso il loro SGUARDO il contatto con Dio.

Ok, benissimo. Dunque se è attraverso lo sguardo che capisci quando la vittima è in contatto con DIO, perché diamine avete inchiodato una placca di ferro sugli occhi della poverette poco sopra citata?? Mistero dei film profondamente intellettuali e scritti bene.
Così, Anna diventerà una delle nuove cavie, di una associazione che sbaglia, come la sceneggiatura, il fine della loro missione: ossia creare martiri… queste son solo vittime, i martiri son altre cose.

La spiegazione che la anziana vuole darci per farci credere (e credere forse lei stessa) che le vittime diventano martiri non sta in piedi nemmeno 2 secondi.
Il martire (dal greco μάρτυς – testimone) è colui che ha testimoniato la propria fede o ideale nonostante la persecuzione, senza quindi abiurarla, anche a costo di eventuali pene corporali o morte. Fa una scelta di fede politica o religiosa. Non si diventa martiri semplicemente accettando il proprio stato di vittima, per una causa che non si è mai sposata… mi spiace… questa è ignoranza.

Insomma, Anna viene incatenata ad una sedia all’interno di una stanza buia e lentamente torturata, fisicamente e psicologicamente, fino ad essere completamente scuoiata con delle forbici . Buoni effetti, disturbanti torture, come si è visto però già in tanti tanti altri film.
Anna si rivela la scelta giusta e infatti finalmente arriva ad avere lo sguardo di chi è in contatto con l’aldilà.
O semplicemente sta in delirio grazie al fatto che è più morta che viva.

Fatto sta, che la vecchia la interroga e apprende la verità assoluta. Ora, scientificamente parlando, questi scienziati del martirio, han laboratori sterili dove chiunque può entrare, compiono torture sofisticate al punto da mantenere in vita una donna spellata senza che abbia un minimo di infezione, però ad esempio non han metodo. Vediamo infatti che per ogni persona reclusa questi tizi vanno a casaccio, piantando maschere di ferro in faccia a una, spellando un’altra, dando la scossa a un’altra o pistando un’altra come un sacco da boxe.

E soprattutto, la scienza impiega anni e verifiche su verifiche di risultati prima di arrivare a una sorta di verità, qui invece ci basta il delirio della prima che arriva, per smuovere ricercatori di fede di tutto il mondo a questa superconferenza segreta ed elitaria in cui la vecchia rivelerà una delle 2 possibili verità apprese… eh si perché il mistero si restringe solo a 2 possibilità: c’è l’aldilà e dio, non c’è l’aldilà e dio.
Ma lei ora lo sa. CON CERTEZZA.
Uhm.

Quindi indìce una conferenza, culmine di decenni di studi, torture, rapimenti…. ma si uccide poco prima di presentarsi al pubblico. MA PERCHÉ’?? Perché cazzo ti uccidi adesso vecchia scema, era necessario convocare tutti?? Perché non ti sei ammazzata prima? Perché hai organizzato la conferenza? Beh perché il film necessitava di durare un po’ di più forse.
Se dio e l’aldilà esistono, perché non dirlo a tutti? Li hai chiamati apposta… sono li apposta… è il motivo per cui avete fatto tutto questo.

Se non esiste, perché non ti sei ammazzata subito? ma soprattutto suicidarti perché? Perché speravi ci fosse una vita dopo la morte? Perché scoprire che hai finanziato per anni omicidi e sofferenze a vuoto? Ma in tal caso, visto che l’aldilà non c’è… che ti frega? Nessuno finirà all’inferno. Godetevi la vita, no?
Non regge proprio questo finale ed è la scappatoia tragicamente peggiore di chi sa di essersi incartato in una situazione più grande di lui… È il trucchetto più vecchio che insegnano ai corsi di recitazione o sceneggiatura: il suicido o il sogno sono il finale ultimo e imprescindibile.

Quando fai una improvvisazione a teatro, e non sai come uscirne, ucciditi, non devi spiegare nulla a nessuno.
In scrittura uguale… vedi ad esempio film come Boxing Elena… ci piazzi che era un sogno e tutti a casa felici e contenti, uscendo da una situazione a cui non c’era più salvezza per lo sceneggiatore.
DELUDENTE.

Se volete vedere un film davvero profondo, scioccante, ben scritto, ben recitato e ben diretto, recuperate 7 Days di Daniel Grou. Capolavoro misconosciuto che in patria, Canada, è stato distribuito al cinema e supportato da un cast d’eccezione nonostante l’estremismo della realizzazione e contenuti.

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