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[RECENSIONE] Manodopera (Alain Ughetto)

È sempre attuale la storia che racconta Alain Ughetto nel suo Manodopera. Quando il posto che ci ha dato i natali non offre niente per campare dignitosamente si va da un’altra parte. E se non basta un’altra città si va in un’altra nazione. Anche noi italiani lo abbiamo fatto (e lo facciamo ancora). E così è stato all’inizio del 1900 per la famiglia del regista che dalle alpi piemontesi del Monviso se ne è andata in Francia.

E se è scontato scrivere che emigrare, abbandonare le proprie radici, non è mai un’azione che si fa a cuor leggero, in Manodopera la Storia e il racconto si intrecciano in modi spesso beffardi e crudeli. Perché chi subisce gli eventi della Storia sono sempre le classi sociali più deboli come quella degli Ughetto: usati dai potenti come manovali, soldati, minatori, privati dai preti e dai fascisti del meglio di quel poco che hanno.

Girato in animazione stop-motion, musicato dal nostro Nicola Piovani, Alain Ughetto rende omaggio al coraggio sofferto dei suoi nonni emigranti e ci invita a non farneticare di invasione oggi quando navi cariche di disperati arrivano dall’Africa. Perché quello che ieri eravamo oggi, che l’empatia latita, ci spaventa.

La famiglia Ughetto in posa per una foto nel film Manodopera di Alain Ughetto.

Manodopera di Alain Ughetto è distribuito nelle sale da Lucky Red.


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