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[RECENSIONE] L’esorcista del Papa (Julius Avery)

Riesco finalmente a recuperare su Prime Video uno dei film più chiacchierati sul web dello scorso anno: L’esorcista del Papa, horror ispirato ai libri del famoso esorcista Gabriele Amorth, interpretato nel film di Julius Avery (Overlord) da Russell Crowe.

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Il film si colloca perfettamente in questa nuova tendenza hollywoodiana di ritirare fuori le possessioni demoniache raccontandole con molta becera e sfacciata caciara.

Gli Occhi del diavolo (2022) di Daniel Stamm, Il settimo giorno (2021) di Justin P. Lange, Il figlio del diavolo (2019) di Pearry Reginald Teo e i due recenti riavvii dei franchise L’esorcista (davvero pessimo il sequel di David Gordon Green) e Il Presagio sono solo alcuni esempi recenti di questa piega.

D’altra parte da L’Esorcista in poi ci sono stati (quasi) sempre dei bambini posseduti da esorcizzare-salvare, un mondo scientifico senza risposte, impotente, un prete esperto e uno meno scafato, un demone che li mette alla prova, un sacrificio altruista da compiere.

In questo canovaccio da seguire assolutamente per non mettere a rischio il risultato al botteghino, perché Hollywood è un’industria, il film di Julius Avery ci regala qualche breve momento sorprendente come quello del piccolo Henry (Peter DeSouza-Feighoney) che palpeggia assatanato sua madre (Alexandra Essoe), o l’altro in cui il Papa (interpretato da Franco Nero) è collegato spiritualmente con Amorth in pericolo e… e non dico altro perché chi ha visto il film dovrebbe aver capito a cosa alludo.

E sono visivamente interessanti anche gli attimi finali dell’esorcismo sotto l’abbazia spagnola, con i suoi infernali sottosuoli infuocati che ricordano Drag Me To Hell.

Il film poi ci dona un esorcista diverso dal solito anche se parecchio diverso (nel fisico, nei modi) dal vero Amorth. Ma questa è Hollywood con le sue bugie e cialtronerie. Un approccio che consapevolmente non disdegna l’ironia.

Quello che non si riesce a mandare giù ne L’esorcista del Papa è un’altra bugia: l’assoluzione che i due sceneggiatori Michael PetroniEvan Spiliotopoulos* regalano alla Chiesa Cattolica, o meglio ancora al Vaticano, per le atrocità dell’Inquisizione Spagnola. La loro banalissima teoria è che la sua invenzione sarebbe stata opera del demonio Asmodeo colpevole di aver posseduto colui che poi l’avrebbe fatta ordinare. Informazione che in seguito la stessa chiesa avrebbe insabbiato (per il bene dell’umanità). La buttano lì senza approfondire più di tanto, quasi lasciandola passare inosservata.

È la vera prova che L’esorcista del Papa è un film senza l’intenzione di turbare e sconvolgere lo spettatore ma con quella di intrattenere con molto chiasso, chiedere di più è fuori luogo. A queste cose dovrebbe pensarci il cinema indipendente, come ha fatto ad esempio il corto Birth (2018) della turca Ozlem Altingoz.

*: Evan Spiliotopoulos aveva diretto nel 2021 un film dai temi simili dal titolo Il Sacro Male (prodotto da Sam Raimi, accidenti a lui) e che ha per protagonista una ragazzina che fa dei sorprendenti miracoli in realtà opera di un ingannevole demonio.


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